Cielo nero by Arnaldur Indriđason

Cielo nero by Arnaldur Indriđason

autore:Arnaldur Indriđason [Indriđason, Arnaldur]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Narrativa, Generica, Mistero & Poliziesco
ISBN: 9788823500259
Google: 0_FN61jZ6dcC
editore: Guanda
pubblicato: 2012-06-05T22:00:00+00:00


28

L'avevano guardato con sospetto, quand'era andato allo spaccio statale degli alcolici e aveva comprato due bottiglie di grappa. Si era dato una sistemata, si era stretto bene la cintura e si era messo il giaccone e un berretto per nascondere i capelli scarmigliati e sporchi e proteggersi dal freddo. Poi si era fatto a piedi tutto il tragitto fino a Eiòistorg. Faceva attenzione a non presentarsi troppo spesso nella stessa rivendita. Era stato in quella vicino a Grettisgata, era stato anche in Austurstrasti e aveva notato le occhiate dei dipendenti. Ed era stato nel centro commerciale di Kringlan. Aveva pagato in contanti, non aveva carte di credito, non se n'era mai procurata una. Per questo a volte doveva andare in banca a prelevare soldi. Gli pagavano una pensione d'invalidità, che veniva versata direttamente sul conto, e poi aveva un gruzzolo che aveva messo da parte quando lavorava. Non aveva molte esigenze. Praticamente aveva smesso di mangiare. La grappa gli bastava per sostenersi.

Lo guardavano come se avesse commesso un crimine. Forse era solo l'aspetto. Lo sperava. E loro, poi, cosa ne sapevano? Non sapevano niente. Del resto mica si erano rifiutati di servirlo. I soldi che aveva in tasca erano buoni, anche se non sembrava un direttore di banca. Non si curarono di lui. Non gli rivolsero né una parola né un commento. E a lui che cosa importava, di quello che pensavano? Non erano affari suoi. E poi, cosa importava a loro, di lui? Niente! Si trovava lì solo per comprare la sua grappa, e basta. Non aveva mica combinato dei casini. Era un semplice cliente. Come chiunque altro.

Che cazzo avevano da guardarlo, allora?

Bisogna vestirsi eleganti per poter bere la grappa?

Uscì dallo spaccio con quelle domande in testa e si guardò alle spalle come se si aspettasse di essere seguito. Che avessero telefonato alla polizia? Allungò il passo. Il giovane che l'aveva servito era seduto sulla sedia dietro al registratore di cassa e lo osservò dalla vetrina del negozio finché non sparì.

Non vide alcun agente di polizia in giro, ma per precauzione lasciò le vie più trafficate appena ne ebbe l'occasione. Poi proseguì fino al cimitero lungo strade e vicoli poco frequentati, a costo di impiegare molto più tempo. A volte, quando nessuno lo vedeva, si fermava, tirava fuori una delle due bottiglie dal sacchetto e si faceva un goccio. Quando finalmente arrivò al cimitero l'aveva praticamente finita. L'altra doveva farsela durare di più.

Andava spesso nel cimitero di Susurgata, lì poteva starsene tranquillo. Si sedette su un muretto di pietre accanto a una grande lapide e si riposò. Bevve un sorso dalla bottiglia; anche se fuori faceva freddo lui non lo sentiva, ci pensavano il giaccone ben imbottito e la grappa.

Si tirò su con l'alcol, si rianimò e si sentì un po' meglio. Ripassò più volte tra sé quei due versi della quartina di Kàinn che gli veniva in mente spesso quando beveva: «Grappa mia tu sei come una manna, / quel buon sapor che non t'inganna». Voleva evitare il



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